Le più antiche tecniche di meditazione ci indicano che porre attenzione al proprio respiro lasciando fluire i pensieri senza fermare l’attenzione su di essi è il primo passo per connettersi con se stessi.
Essere nel momento presente, nel qui ed ora, focalizzandosi soltanto sul proprio respiro, permette infatti di lasciare andare quel continuo flusso di pensieri che ci impediscono di ascoltare non soltanto il nostro corpo, ma anche di avere la massima consapevolezza di ciò che sentiamo e proviamo e di conseguenza saper gestire al meglio le nostre emozioni.
Ogni disciplina indica che riuscire a mantenere il controllo della respirazione durante una performance (si pensi ad esempio alla capacità di trattenere il respiro, fondamentale in attività acquatiche quali il nuoto e le immersioni in apnea, o saperlo sincronizzare utilizzando il diaframma, tecnica indispensabile per molti sport) è essenziale per una maggiore prestazione, sia per il completo apporto di aria nei polmoni che garantisce una buona ossigenazione di tutte le cellule, sia per la possibilità di quello “stato di presenza” che permette di gestire al meglio le emozioni e, di conseguenza, migliorare i propri risultati.
In questo senso, un’ottima tecnica per concentrarsi adeguatamente e poter dare il nostro meglio, sia durante una gara sportiva, sia su di un palco per un’esibizione teatrale, per affrontare un esame e in quelle situazioni in cui si debba parlare in pubblico, è imparare a utilizzare il respiro per allontanare la gran quantità di “chiacchiere mentali” rappresentate dal continuo flusso di pensieri che spesso possono agire negativamente quando vogliamo essere in pieno contatto con noi stessi e che rischiano di disturbare la nostra concentrazione, di farci “prendere dall’emozione” e compromettere il risultato delle nostre performance.
Imparare infatti a portare tutta l’attenzione al respiro per mezzo di una respirazione profonda, aiuta a focalizzarsi su ciò che stiamo vivendo nell’istante e a prendere in mano in modo più sereno, autentico e performativo le nostre emozioni, le nostre azioni e le nostre relazioni.
Dedicando circa quindici minuti due-tre volte alla settimana a questo esercizio, impareremo a connetterci in modo sempre più rapido con il nostro respiro e quindi ad avere una completa concentrazione e padronanza di noi stessi, raggiungendo quella che viene chiamata mindfulness, ovvero la completa “immersione” in noi stessi e nel momento presente con la quale possiamo dare il nostro meglio durante un qualsiasi tipo di prestazione.
Imparare a gestire il proprio respiro significa innanzitutto essere in grado di “riconoscerlo”.
Quella a cui purtroppo generalmente si tende è invece una respirazione superficiale, che viene “bloccata” nella parte alta del corpo.
Esistono infatti tre tipi di respirazione: la respirazione clavicolare (o alta), la più superficiale, con la quale avremo il minor apporto di aria nei polmoni e che implica un grande sforzo per il minimo del risultato; la respirazione toracica, per la quale intervengono i muscoli intercostali, e che, pur garantendo un maggior apporto di aria non consente comunque una respirazione completa; la respirazione addominale profonda, che porta l’aria nella parte più bassa dei polmoni, dove attraverso i capillari potrà avvenire il miglior scambio di ossigeno con il sangue e quindi consentire una maggiore ossigenazione di tutte le cellule del corpo.
Soltanto unendo tutti e tre i tipi di respirazione possiamo avere una respirazione completa e profonda, per mezzo della quale è possibile ottenere i migliori risultati e un completo controllo e gestione delle emozioni, aiutandoci ad entrare nel modo più pieno e autentico in noi stessi e affrontare in modo sereno e performativo ogni situazione.